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68 | storia della decadenza |
mancava, di regolare il lor gusto, e talvolta di moderare la loro emulazione1. I ricchi Senatori di Roma e le province consideravano come un onore, e quasi come un obbligo l’accrescere lo splendore del loro secolo e della lor patria; e l’influenza della moda bene spesso suppliva alla mancanza del buon gusto o della generosità. Tra la folla di questi privati benefattori, merita di esser distinto Erode Attico, cittadino ateniese, il quale vivea nel secolo degli Antonini; e qualunque fosse il motivo che lo faceva operare, la sua magnificenza sarebbe stata degna dei Re più grandi.
La famiglia di Erode, almeno dopo che si trovò favorita dalla fortuna, fu fatta discendere per linea retta da Cimone e Milziade, da Teseo e Cecrope, da Eaco e Giove. Ma la posterità di tanti Numi e di tanti eroi era caduta nello stato il più abbietto. L’avo di Erode era stato nelle mani della giustizia, e Giulio Attico, suo padre, avrebbe finiti i suoi giorni nella povertà e nel disprezzo, se scoperto non avesse un immenso tesoro, sepolto sotto un vecchio casamento, ultimo avanzo del suo patrimonio. Secondo il rigor della legge, l’Imperatore avrebbe potuto far valere le sue pretensioni, ed Attico prudentemente prevenne lo zelo dei delatori con una libera confessione. Ma il giustissimo Nerva, che allora occupava il trono, non volle accettarne alcuna porzione; e gli comandò di servirsi
- ↑ Ved. il l. 1 delle Lettere di Plinio. Tra le fabbriche intraprese a spese dei cittadini, quest’Autore parla di quelle che seguono: a Nicomedia una nuova piazza, un acquedotto e un canale, che uno degli antichi Re avea lasciato imperfetto; a Nicea un Ginnasio e un Teatro che era già costato quasi cento ottantamila zecchini; alcuni bagni a Claudiopoli e Prusa; e un acquedotto lungo cinque leghe ad uso di Sinope.