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do in brtette tempo, diuènne filo fi fi a naturale. Per quefio Platone, la- filando La carapatri a,volle fconoficìu to pellegrinar w lontani pacfiper appurar nuoite fetenze ,on de, affano venuto fidato* acqui Pio il nome di Filufiofio dittino <. Pero tanti altrifidai di quelle prim tacer iprefenti) hanno laficia memoria tale, che ancora viue nell’ifiorie » nell’imaginhe nelle Platone ^perchefimpre efii atti firn dofi d'efifer ignoranti,dotti diuen tarono.Così ignorante Pianando fi quel leg* giadro, efidmofio Poeta, nelfonettOyche co• nitrici a, _ _ Trmttfi» Alto ulentio ch’à penfar mi tiri > Marta mol Dimofiro quanto difideraffé difdperejnfie- • * me accennando il diletto, e , che fi trahe dall’intendere. Si come indarno fiderà alcuno d’efifer e ri fanato nel corpo,qual- hor non confi e d’efifer infermno mai potremo noi acquifiar le faenze,eh e fono la fianitd dell'anima fieprima non conoficiamo d’efifer ignoranti. Et come dalla conoficen- za della malatia ne fegue la vita del corpo; cofi dal conofietmento della propria ignoran B2 za 1 V • k tv * iJ J*™ Digitalizzalo da Google