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ti morali e patriottici, — sui tavolini quaderni, penne e calamai, qualche giuoco.

E oggi inaugurazione alla chetichella, con alcuni soldati e alcuni ragazzini, desiderosi d’imparare, e una brava maestra, la quale, con molto slancio, s’è offerta d’insegnare. — Tanto i soldati quanto i ragazzini malati adoperano le grucce o il bastone; ed è commovente la piccola processione che traversa il cortile, e sale, faticosamente ondeggiante, e con aria ansiosa, la scala...

Vi sono due soldati analfabeti che si vergognano, ma ardono dal desiderio di provare. (Uno credeva di non poter venire perchè, diceva: «Nun saccio»). Due hanno fatto la prima o la seconda; un altro è desolato perchè presto «passerà la Commissione». «Ah! se si cominciava prima!»

E mentre qualcuna di noi fa circolo con qualche soldato e i fanciulli, leggendo ad alta voce La piccola vedetta lombarda, la scolaresca militare ha preso posto intorno alla tavola di mezzo, e la maestra detta alcuni periodi a quelli che hanno qualche famigliarità con la penna e fa fare le aste a quelli che per la prima volta la prendono in mano. Uno fa subito benino, ed è raggiante; un altro suda per la fatica enorme e sfortunata.

La maestra va allungando ed elevando i periodi del dettato: «Io sono orgoglioso di essere un soldato d’Italia». — «Io ho fatto il mio dovere di buon soldato». E i volti, allora, si atteggiano ad un’espressione di compiacenza.

Dopo viene la coniugazione del verbo essere, per dare un’idea del passato remoto la maestra dice: «Fra pa-