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trentanove, raccontava di un’ingiustizia che gli hanno fatta al fronte, e ne traeva argomento per mettere la diffidenza e lo sconforto nei compagni circa gli impegni del Governo, i quali, secondo lui, non saranno mantenuti.
Io feci del mio meglio per controbilanciare; ma non m’è riuscito. Quando i soldati dicono il Governo, fa sempre l’impressione che parlino di un nemico. Il Governo per loro è l’esponente di tutti i mali, giusti o ingiusti, dei quali hanno a soffrire. E’ triste. Ma io penso che se tutti quelli che lo rappresentano, e anche gli altri, di condizione superiore alla loro, fossero sempre col popolo giusti e buoni, questa impressione deplorevole non esisterebbe.
Ingiustizie, cari soldati, ve ne son tante, è vero, dappertutto; ma uno dei benefici di questa guerra sarà il passo verso la giustizia che verrà fatto anche per voi, popolo nostro, che tanto dolore, che tanto sangue ci avete dato. Ed è proprio dagli uomini del Governo che la più solenne parola di gratitudine e una sacra promessa sono venute. E sarà debito d’onore e d’amore per quanti cittadini hanno cuore e coscienza, debito suggellato dal sangue.
Li 5. — Ho passato la sera scorrendo vari pacchi di lettere di soldati nostri, scritte, quali da altri ospedali, quali da casa, quali dal fronte, ad alcune delle mie compagne. E vi trovo sì vera e viva l’anima del popolo nostro, che m’è caro di trascriverne qui qualcuna.
Uno ringrazia la sua infermiera «delle cure opportune che mi avete fatte con esattezza e garbatezza, e perciò non mi posso proprio scordare di voi... Mi avete fat-