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alla fine con animo pronto, a meritare sempre più — in questa lunga prova, così dura e così grande e piena d’onore — l’ammirazione, l’amore, la gratitudine della Patria.
Qualcuno parla ai soldati di gloria... E’ ridicolo. Essi non la sentono, e per loro... è un lusso. Conviene, invece, fare appello alla parte più nobile, più buona, più generosa dell’animo loro, sia pure sonnecchiante. Per questo oggi ho salutato i miei feriti dicendo: «Voi siete la nostra salvezza, il nostro orgoglio e la nostra speranza».
Li 24. — Stamane lavoro arido di trascrizione dei diari nelle cartelle cliniche, di uscite e di scarico. Non mi sento fatta per la burocrazia. A volte, poi, quando scrivo in mezzo alla sala, mi pare quei ragazzi che mi guardano dal loro letto, o mi passeggiano intorno, sbirciando nelle mie carte, abbiano da ridere in cuor loro, o da seccarsi.
Eppure, mai ho notato, in nessun caso, per nessuna cosa, una parola o un gesto men che rispettoso e gentile. Quando sono alzati, cercano sempre di usare qualche cortesia, oppure uno che è a letto la suggerisce ad uno che è alzato. Ma che dico? anche dal letto: mi capita spesso di dover chiedere il calamaio a qualcuno che sta scrivendo; ed è sempre con un’aria premurosa e contenta e con un buon sorriso che smettono per cederlo.
Ieri che c’era da fare una medicazione un po’ difficile, io, che diffido alquanto della mia capacità (le mie compagne son tutte più brave di me), chiesi al paziente