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sacro ufficio d’infermiera, se non con l’anima pura e compresa di dignità, senz’altro pensiero che per i nostri infermi, senz’altro sentimento che quelli che potrebbe avere una madre, una sorella? E come si può, questa missione di pietà, prenderla come uno sport alla moda da disimpegnare con le minori brighe possibili, — o lasciarsi andare a tristi gare ambiziose e gelose, alla preoccupazione di primeggiare, di dominare, o di conquistare qualche gingillo?

Lungi lungi dai nostri soldati (come son felice di non aver mai potuto notare un’ombra su alcune delle mie compagne) quante possano dimenticare quella serietà, quella elevatezza d’animo, quella carità a tutta prova — anche a quella dei sacrifici d’amor proprio — che devono essere la nostra divisa, candida come la nostra veste. Dall’ospedale i nostri soldati devono uscire, non solo risanati nel corpo dalle nostre cure, ma altresì elevati nell’anima dall’anima nostra.


Li 17. — Per il sopraggiungere d’una eresipela hanno dovuto portare abbasso, in un camerino d’isolamento, Lucci, uno dei nostri più gravi. Povero ragazzo, è figlio d’ignoti. Avevo notato fin dal principio la sua tristezza, silenziosa e cupa. Lo stesso soffrire intenso, che gli strappava ogni tanto alte grida, sembrava lasciarlo quasi indifferente. La posta non recava mai nulla per lui.

Oggi lo trovai sfatto, coi grandi occhi sbarrati e inquieti. Mi chiamò piano. Mendicava le parole, più ancora chè per la debolezza, per l’imbarazzo, mi pareva.