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Li 16. — Oggi, giorno di medicazioni gravi. Quella povera grossa gamba di Sollini, alla quale è un affar serio togliere la ferula, e che non si tiene mai abbastanza ferma... Eppure son così bravi questi nostri buoni infermieri, che, oltre a saper fare, hanno anche il dono di distrarre i feriti con le loro barzellette e di persuaderli che tutto procede bene. Beppino fa rintronare la sala dei suoi «benissimo!», e più uno grida, più gli fa cenni d’amore: «Tu sei una stella!», e qualche volta anche — chissà perchè? — : «Tu sei un cespuglio!»

Quasi mai, però, da queste bocche spasimanti, si ode una bestemmia, o una imprecazione. Per lo più, è un continuo chiamare mamma! Anche gli uomini maturi, anche gli ammogliati, non hanno altra invocazione, salvo qualcuno, che chiama pure Madonna, l’altra madre. E quando hanno qualchecosa sul cuore, benchè sappiano che siamo le «signorine», ci chiamano spesso, come le suore, sorelle.

E non è un richiamo, questo, alla grande missione fraterna che abbiamo? E come accade che tante donne, nella vita, rinunciano a questa santa, a questa dolce missione, per farsi tentatrici, demolitrici, della coscienza e della forza dei fratelli?

Soprattutto mi rattristano certe cose che si sentono dire a carico delle cosiddette «dame infermiere». Purtroppo, per una minoranza di incoscienti, vanno di mezzo le molte che fanno, in ogni senso, il loro dovere. In quest’ora nella quale tutto dobbiamo alla Patria e a coloro che la difendono, come è possibile disimpegnare il