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gue. Corsi nella sala operatoria. Stavano terminando di staccare una gamba di un contadino che schegge di bomba avevano quasi completamente amputata. Trovandomi là, ormai, superflua, entrai in una sala. Vidi un cappellano che raccomandava l’anima ad un giovane che pareva morente; un altro, con una mano fasciata, sorreggeva il suo bambino, al quale una scheggia, aveva asportato un occhio.

Tutti i feriti e malati dell’ultimo piano erano stati portati abbasso, i più gravi nei letti vuoti del primo piano, gli altri nei rifugi. Nessuna confusione, nessuna diserzione: il panico era stato vinto dal sentimento del dovere.

Solo Castelli, non trasportabile, era rimasto disopra, con suor Blandina. Salii per darle il cambio. Traversando le sale, vidi le traccie della furia con la quale erano state sgombrate; dai letti vuoti pendevano le coperte, quà e là eran vesti trascinate per terra, oggetti caduti o rovesciati.

La suora non volle muoversi. Rimanemmo entrambe, mentre nel cielo seguitava il fragore della lotta aerea, e ogni tanto si distingueva lo scoppio di una bomba. Il ferito voleva mandarci via. «Voialtre, sorelle, non siete soldati», diceva. Suor Blandina sorrise dolcemente.. Io risposi: «Sì, siamo soldati anche noi, figliuolo; e siamo così contente di condividere un briciolino dei vostri pericoli».

S’udiva sul tetto passare il rombo d’un motore. Una bomba, in quel mentre, scoppiava vicino. Suor Blandina fece il segno della croce, il ferito ebbe un lieve sus-