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uno, che non mi piace. Ha una contusione sospetta, intorno alla quale si contraddice. E pare non avere la coscienza tranquilla. Lo compiango... più degli altri.
Li 2. — Tempo fa avevo ricevuta una lettera di un amico, che mi raccomandava un caporale degli Alpini, un piemontese, giacente in un altro reparto. Appena ne chiesi, mi raccontarono la sua storia. Egli aveva traversato, tagliandoli, dieci metri di reticolato, per mettere in salvo il suo tenente, e per ultimo era stato ferito lui stesso; e tuttavia aveva seguitato a portare l’ufficiale, finchè, ferito nuovamente e più gravemente, furono raccolti entrambi.
Giunti qui insieme, il tenente - che narrò il fatto - non aveva voluto essere separato dal suo salvatore. Ma poco dopo era stato trasferito. Alcune persone s’erano interessate per far avere all’eroico caporale una decorazione, e ne avevano ripetutamente scritto al tenente, il solo testimone possibile, giacchè il plotone era stato distrutto. Ma questi non aveva risposto.
Il ferito giaceva immobile, per frattura complicata del femore e della tibia; ma gli occhi sfavillavano. Gli chiesi se i suoi sapevano che cosa avesse fatto. Mi rispose: «Io no, non l’ho scritta a casa la mia assione».
Scrissi all’amico, ringraziandolo per avermi fatto conoscere un eroe. E quegli mi rispose che era andato a leggere la mia cartolina alla madre dell’alpino, e che aveva dovuto spiegarle che cosa vuol dire un eroe.
Pensavo che forse s’era fatto male a parlare di decorazione in presenza del ferito, mentre il perdurante si-
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