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aspettano, i soldati ancora esitanti, confusi, guidati da qualcuna di noi, han preso possesso del loro letto. Fa pena doverli spogliare (per la disinfezione) di tutti i grossi indumenti che hanno addosso, e non dar loro in cambio che la fredda camiciola d’ospedale. Ma quei bravi figliuoli non si lamentano. Qualcuno dice: «Eh! sorella, ci vuol altro, siamo avvezzi al tutto». Altri fanno qualche timido tentativo, accennando alla bella maglia che hanno indosso, e alla biancheria nel tascapane. «E’ tutta roba pulita sa, ed è stata disinfettata a Cormons».

Ma non è permesso ragionare, bisogna essere inesorabili... con la maggior buona grazia possibile. Uno mi dice perfino, con aria ansiosa: «Questa è roba che mi hanno mandata da casa...» Tutto è inutile, il brutto sacco dovrà ingoiare ogni cosa.

Alcuni si trovano imbarazzati ad infilare la camicia, aperta anche di dietro. Uno deve trovarsi alquanto buffo, perchè esclama: «Se mi vedesse mia moglie!»

Aiutiamo i più sofferenti a spogliarsi. Conviene tagliare qualche fondo di manica. Essi si lasciano fare con una semplicità di bambini, mentre noi li trattiamo col rispetto commosso che viene dalla gratitudine.

Ma un altro camion è entrato nel cortile. Ci si precipita abbasso, con l’ansia di trovarne di più gravi. Infatti, stavolta son quasi tutti in barella. Ve ne sono di così immobili e pallidi, che quasi sembrano morti. Ma quando si trovano di sopra, nella luce, sul letto, fra mani delicate e sguardi fraterni, li vediamo sorridere... Grazie, Signore!

Il Direttore è venuto, e ha fatto il suo giro, occu-