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era rimasto a piedi del letto e recitava, da buon cristiano, le sue preci della sera, colla testa curvata dal sonno. L'infermiere, dietro ordine del cappellano, era uscito anch'egli per andar in cerca di ghiaccio.
Un grido lamentevole, partito dalla stanza superiore, scosse il cappellano dalla sua ascetica sonnolenza. — In quella stanza del secondo piano c'erano altri due letti; altri due garibaldini feriti...
Don Remondo non poteva esitare. — Tolse da terra la lucerna, e battendo sulla spalla di un vecchio che se ne stava rattrappito ed immobile presso il letticciuolo vicino: Gregorio! gli disse con voce amorevole: che serve ora mai?... riprendi i tuoi uffizi di carità... gli è il miglior modo di rendersi accetti a Dio, e di far del bene ai poveri morti! Io sono chiamato là sopra!... Quì non resta più alcuno... fa attenzione se questo povero diavolo che ha poche ore da vivere... reclama qualche servizio... Mi hai capito, Gregorio?...
E il cappellano, vedendo che il vecchio aveva rialzata la testa e lo aveva ascoltato con faccia compunta, salì frettoloso la scaletta per accorrere alla voce che non cessava di chiedere ajuto.
Il vecchio volse una occhiata al letticciuolo che il prete gli aveva indicato.
Poi crollò la testa, e ripiegandosi tosto sul guanciale che gli era più prossimo, si diede a singhiozzare e a parlare seco stesso.
Su quel guanciale spiccavano i contorni di una testa coperta da un sottile fazzoletto di tela bianca. Il vecchio sollevò un lembo di quel fazzoletto, e accarezzò con uno sguardo pieno di amore e di angoscia le pure sembianze di un fanciullo irrigidito dalla morte. — Un volto che pareva quello di una vergine, — un morto che sorrideva come l'angelo che dorme.
— «Morto!... proprio morto!... Ma dov'è la giustizia di Dio? Anch'essa ha dovuto morire... la povera Martina! E sua madre quasi impazzita...! I preti dicono dal pulpito che i prepotenti, o presto o tardi, la scontano!
«Io l'ho ancora presente... quel mostro...