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fallito vestiva a lutto o spariva dal consorzio cittadino. — In fatto di equipaggi, non era permesso il tiro a sei che a S. A. I. R. il vicerè, ed a Sua Eminenza monsignor l'Arcivescovo. — Il vicolo delle Ore e il sottopassaggio che dall'interno del Duomo mette all'Arcivescovado erano i punti prescelti pei convegni amorosi. Verso le estremità del boschetto pubblico prospicienti la strada Isara, si presentavano, sul far della notte, dei gruppi piuttosto equivoci. L'osteria dei tre Scranni si rese celebre per una avventura degna di figurare nel Decamerone, e lo sgraziato protagonista, che fini imprigionato, per disdoro della curia, era un prete. — In estate, le bande tedesche chiamavano al caffè Cova una folla mista di buontemponi e di fanciulle da marito. L'ingresso al caffè costava mezza lira austriaca, e questa dava diritto alla consumazione di un gelato. I Baconi, i Paumgarten ed i Kaiser fornivano le migliori bande musicali. — La varietà delle monete era notevolissima e qualche volta imbarazzante; contuttociò il popolo ambrosiano non potè mai divezzarsi dal contare in lire milanesi. Esistevano spezzati di ogni valore; il centesimo, il sesino, il tre centesimi, il soldo, il carantano, la parpagliuola, il tre e mezzo, il quartino, il nove meno un quattrino, il diciasette e mezzo, il 19 soldi (tre lire di Parma), il venti soldi. Il valore della svanzica andò gradatamente aumentando dai ventitrè ai venticinque soldi di Milano. Fino al 1848, ebbero gran voga i crocioni e i quarti di crocione. Il Trentanove ebbe gli onori di una brillante poesia dettata da Ercole Durini, gentiluomo amabilissimo e ricco di ingegno.
Fra le monete d'oro figuravano ancora le pezzette, gli zecchini, le colombie, le sovrane, le papaline, le messicane, le genove, i luigi, le parme. — Il duca Litta, recandosi a Lainate con legno da posta, a ciascun postiglione gettava per mancia un marengo. — I ballerini ed i mimi, notevoli per la loro chioma raffaellesca, stazionavano sulla porta del caffè della Cecchina, detto dei virtuosi. Effisio Catte faceva colazione nella retro bottega del salsamentario Morandi; Gumirato, un tenore in perpetua disponibilità, pranzava tutti