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mmortale questurino di Siviglia non si trovò a peggior condizione della mia, allorquando salì in casa di don Bartolo per rimettervi l'ordine. A suo tempo verificheremo le date, riordineremo i fatti, se ci sarà bisogno.
Se non m'inganno, fu nell'anno 1838 che S. M. Apostolica l'imperatore Ferdinando d'Austria venne a Milano per farsi incoronare Re d'Italia. A quell'epoca, per ricordare l'augusto, si diceva generalmente: il nostro imperatore, taluni, più ingenui: il nostro buon imperatore — Molti nobili lombardi si recavano ad onore di vestire la divisa di uffiziali tedeschi.... C'erano, all'entrata di S. M., delle guardie italiane sfolgoranti d'oro e di perle... una meraviglia di splendore, di pompa, di beatitudine generale. Non ricordo se il cholera ci abbia fatto la sua prima visita, innanzi, o dopo l'incoronazione di Ferdinando. Il perfido morbo si diè a conoscere verso quell'epoca, ed anche allora si rinnovarono scene atroci e balorde, non molto dissimili da quelle che il Manzoni descrisse nel suo sublime romanzo. Il popolaccio è sempre uguale in ogni tempo — è sempre la gran bestia.
Di politica nessuno fiatava. — Le contrade erano illuminate da lampade ad olio, e i riverberi delle fiamme acciecavano affatto il passeggiero. — I Milanesi menavano gran vanto della loro pulitezza; e i marciapiedi, frattanto, erano attraversati da rigagnoli che non sentivano di muschio. La cattedrale, ammirata dagli stranieri, serviva da pisciatoio ai più civilizzati, i quali, per maggior vilipendio dell'edificio, erano in buon numero. — La città si svegliava verso le undici del mattino; i veri lions non apparivano in pubblico che alla una dopo mezzodì. — Si incontravano al Corso dei giovanotti di sedici ed anco di diciotto anni, vestiti colla giacchettina corta, profilata alle natiche, accompagnati dal tutore o dal pedagogo, il quale ordinariamente era prete. Il cappello a cilindro torreggiava sulla testa degli eleganti a porta Renza ed ai pubblici giardini; ma c'era pericolo ad affrontare, con quel simbolo in testa, i terraggi di porta Ticinese e i rioni di porta Comasina. — Quando al Corso passavano in cocchio l'arcivescovo o il vicerè, non c'era alcuno