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ccio, e cade sulle panchette della carrozza facendo delle mani conserte una visiera alla pancia inverniciata...

Povero Teobaldo! E questo popolo, al quale tu hai giurato consacrare la vita; questo popolo, che tu, nuovo Mosè, vuoi redimere, rigenerare, sollevare al livello di Dio... questo popolo gode di vederti avvilito... si burla di te... Oh! ma non fu irriso anche Cristo dagli Scribi e dai Farisei?

— Perchè son venuto ai terzi posti? mormora Teobaldo rannicchiandosi nell'angolo della carrozza... A dir vero... il popolo è meglio vederlo da lontano che da vicino... Ma i contadini non sono popolo — essi appartengono alla specie dei bruti — Oh! il popolo! il vero popolo non è questo! Ma dove è dunque il vero popolo?... In città non abbiamo che volgo... In campagna non trovo che bestie... Via! un po' di pazienza! un po' di perseveranza!... Il viaggio dev'essere lungo! Non bisogna disperare sì presto!!


II.

Augusto Regola, regio impiegato, padre di numerosa famiglia.


Lasciamo che il nostro Teobaldo prosegua il viaggio e digerisca il malumore cagionatogli da una sciagura che compromette in lui la dignità dell'apostolo, senza concigliargli la simpatia del martire.

Precediamolo di poche ore all'albergo di Canonica, ov'egli deve recarsi. — Stringiamo conoscenza coi nuovi personaggi, che la provvidenza ha posti sul di lui cammino perchè ricevano il seme dell'idea.

Sono le otto della sera.

Dinanzi all'antico albergo di Canonica si arresta una vettura sopraccarica di persone d'ambo i sessi...

— Ma di grazia! direte voi, dove si trova questo albergo di Canonica?

— Lo ignorate? Canonica è un paesello, un gruppo di quindici o venti case, che sorge in riva del Lambro, sullo stradale che da Monza conduce a Besa