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chinandosi ad uno degli inservienti — ma temo che qualche cosa di rotto vi sia nel canestro... Se mi concedessero qualche minuto..
— In vagone! in vagone! gridano ad una voce i i due uffiziali.
Essi aiutano il villano a salire, — gli chiudono gli sportelli dietro le spalle, — e il convoglio parte, mentre il villano, perduto l'equilibrio, va barcollando nell'interiore della carrozza e gridando a tutta voce:
— Adagio! Un momento! fermate i cavalli.... assassini!...
Gli altri viaggiatori, per la maggior parte contadini, si divertono a rimbalzare il mal capitato collega.
Questi lo tira per la coda del soprabito — un altro lo spinge — un terzo mena colpi sul paniere — tutti a ridere, a schernire, a battere le mani.
Teobaldo, adagiato in un angolo della carrozza, è scandolezzato di quella scena. Egli aggrotta le ciglia — si dimena — si contorce.
Questo è dunque il popolo dai nobili istinti, dalle aspirazioni generose! Questa è la carità, l'umanità tanto vantata delle classi povere? Oh scandalo!.... oh vergogna!
— Ma il povero popolo non ne ha colpa — pensa Teobaldo. — Corrotto da lunghi anni di schiavitù, conculcato dai tiranni, abbrutito nell'idiotismo, esso ha perduto la coscienza della propria dignità... Il terso cristallo fu appannato dall'alito impuro del dispotismo — la limpid'acqua fu avvelenata alla sorgente... Povero popolo! Educhiamolo colla parola e coll'esempio!...
— Buon popolano — dice Teobaldo, volgendosi al contadino, che non è ancora riuscito a mettersi in equilibrio — date a me quel canestro — appoggiatevi pure alle mie ginocchia — poi vedremo di serrarci un poco l'un presso l'altro in modo di farvi un posto da sedere... Ci hanno stipati qua dentro come bestie da macello!... Oh! ma verrà il tempo della giustizia.... assassini del popolo!... E questo tempo non è lontano!
Teobaldo prende il canestro del villano, e se lo mette sulle ginocchia. Frattanto i viaggiatori si stringono a malincuore l'un presso l'altro, tanto che si s