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E senz'altro parole, il signor Franchetti, in compagnia di pochi amici, prese la via di Bellano.
CAPITOLO VII.
L'imboscata.
Come l'uomo cammina fidente e sereno, quando abbia l'anima illibata
e la coscienza tranquilla! I signori Frigerio e Zannadio han già
dimenticate le occorse disavventure. Senz'odio e senza sospetto,
essi lasciano i paesi inospitali, dove rischiarono soccombere ad una
persecuzione inesplicabile. L'amore della scienza li guida pel nuovo
cammino. Essi procedono a passo lento, cogli occhi fissi a terra —
l'uno si inchina a raccogliere arbusti, l'altro si riempie le tasche
di ciottoli — quando si arrestano, gli è per considerare i vegetali o
i minerali raccolti, e ricambiarsi qualche utile osservazione.
— Oh! vedete quel giallume! esclamò lo Zannadio, additando al compagno un pratello al di là della siepe... Io scommetto che que' fiori sono gli ellebori gialli che voi andate cercando!...
Il Frigerio spicca salti dalla contentezza... Il pratello non è molto discosto...
I due scienziati si adoperano colle mani e co' piedi per aprire una breccia fra gli arbusti e le spine della siepe. — Dalli! abbatti! taglia! rimuovi! alla fine ogni ostacolo è distrutto... I dotti occipiti sono già sprofondati tra le foglie — le spalle si spingono innanzi — le trippe contendono felicemente coi rami... quando — oh! sorpresa! — una mano prepotente afferra per la coda i due professori, e li trae dalla tana come due sorci sorpresi.
— Cane maledetto! tu non mi sfuggirai, grida il medico Franchetti, tenendo saldo lo Zannadio per le falde del vestito e rotando nell'altra mano un nodoso bastone.
— E tu pure... o birbone! grida il giovane studente, investendo la schiena del dotto