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fondo del cuore, vagheggiavano la gloria di vedersi ammessi nel di lui uffizio di redazione.
Verso mezzogiorno, il signor Bartolami ritornò alla propria abitazione.
Nell'anticamera egli ebbe quasi paura. C'erano fra quei giornalisti delle figure, se non sinistre, poco rassicuranti: delle faccie lunghe e sparute; dei vestiarii molto equivoci, delle scarpe rosse e fameliche che mostravano i denti.
Il Bartolami interrogò il servitore con una occhiata piena di stupore e di sospetto.
— Sono tutti giornalisti... letterati, rispose Silvestro — tutta gente venuta per quell'avviso del Pungolo!
— Ah!... sta bene!... mi congratulo!... Signori: abbiano la pazienza di aspettare qualche minuto.
Così parlando, il Bartolami attraversò l'anticamera ed entrò nella sala.
Rodolfo Barcheggia era intento a scrivere. Clementina, seduta a qualche distanza da lui, trapuntava un canevaccio, e pareva tutta assorta nel lavoro.
— Ebbene? ci siamo messi d'accordo? Abbiamo concluso?
Clementina, col suo fare più indifferente, affermò colla testa. — Il giornalista, levando la faccia dal foglio, rispose che il contratto era steso, non mancare che l'approvazione e la firma del redattore in capo.
Bartolami lesse rapidamente la scrittura, e parve soddisfatto. Nondimeno pose in campo qualche obiezione sul titolo del giornale. In luogo di chiamarlo La Ceralacca come egli avrebbe desiderato, lo si voleva intitolare l'Unione Patriottica.
— Questo titolo l'ho scelto io, rispose prontamente Clementina. — La Ceralacca e l'Unione presso a poco hanno il medesimo significato. Ho creduto che, trattandosi di un giornale serio, di un giornale ministeriale, il secondo titolo valesse meglio del primo. — Onofrio: pensiamo all'avvenire! Noi ci mettiamo per una via dove avremo a combattere la malignità e l'invidia. Se ti avvenisse di farti eleggere deputato, mi par già di sentirli! — ti chiamerebbe il deputato della Ceralacca.... Mio Dio!... Si fa tanto presto a diventare ridicoli per una pa