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iziotto austriaco sono entrati in Gorgonzola, e minacciano di saccheggiare le case dei liberali.
— Misericordia! — grida il Lanfranconi. — Io non tengo che quattro fucili... Signor Nebbia... signor Trigambi... profittatene voi...! Oh! la mia povera Ifigenia! Su... dunque!... Che fate voi lì inchiodati sulla scranna...? I fucili sono nella stanza vicina. —
Io prendo un lume, e corro in cerca dell'armi. I due amici non che di muoversi han perduto la lena di parlare. Frattanto sotto le finestre tuonano i razzi... e cinque o sei contadini, adunati da Eugenio, gridano: All'armi!
— Signor Nebbia... signor Trigambi... eccovi il fucile — dico io rientrando nella sala. — Corriamo tosto... a disperdere quella ciurma di scellerati. —
Il Nebbia si leva in piedi, e stringe l'arma nella mano tremante.
— Chi combatterà meglio, — dice il Lanfranconi, — chi farà prove di maggior coraggio, avrà la mia figliuola per moglie! Animo dunque! Che più s'indugia?...
— Avete inteso? Ifigenia sarà del più prode... Andiamo. —
Il Nebbia muove alcuni passi, ma giunto presso la scala, depone l'arma, esclamando eroicamente: — no... no... io non posso risolvermi a combattere contro i miei concittadini... a lordarmi di sangue italiano! Io rifuggo dalla guerra civile!
— Ebbene... Ifigenia apparterrà al signor Trigambi, — grida il Lanfranconi. — Ma dov'è il signor Trigambi?
— Egli è sceso per di là... — dice il domestico, additando la scala che mette alla cantina. —
— Ah! scellerato! — grida il Lanfranconi levandosi in piedi. — Toccherà dunque a me, vecchio... malaticcio... impotente... a dare agli altri esempi di coraggio...?
— Arrestatevi, signor Lanfranconi; voi non dovete scostarvi da Ifigenia... che troppo ha bisogno de' vostri soccorsi. Gli schioppi destinati al signor Nebbia ed al signor Trigambi serviranno ad altre