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— Come? voi permettete che in vostra casa....?
— Bazzecole, mio buon amico. Le razze latine si fondono...
— Il nostro nobile collega signor John Russel è d'avviso che assai meglio ci troveremmo se incominciassimo a fonderci un po' meglio fra noi della razza italiana.
— Il signor Russel... avrà forse ragione. Ma lasciamo pure che il progresso precipiti al suo ultimo scopo, e parliamo di ciò che per ora più davvicino ci interessa. Voi dicevate di avere un utile suggerimento a comunicarmi riguardo al matrimonio di mia figlia....
— Certamente; un ripiego basato sulla giustizia, o che voi senza dubbio approverete. Voi dite voler maritare vostra figliuola ad un uomo il quale abbia ben meritato della patria, ad un uomo, che per la sua devozione alla causa della libertà sia degno della pubblica stima. Un tale proposito assai vi onora, signor Lanfranconi, ed io non posso a meno di incoraggiarvi a persistere in esso. Il signor Nebbia ed il signor Trigambi, come voi dite, sono due martiri della patria. Ebbene facciano entrambi l'enumerazione dei loro meriti dinanzi ad un giudice imparziale, e quegli che avrà più titoli alla riconoscenza della patria, s'abbia in moglie la bella Ifigenia.
— Signore! la vostra idea mi va a sangue...! Accettereste voi il posto di giudice?
— Ove ciò vi aggradi... sono pronto a favorirvi.
— Ebbene... stassera, dopo il pranzo, metteremo sul tappeto la questione, udremo gli oratori, e voi proferirete la sentenza. —
Ciò convenuto, io trovo un pretesto per allontanarmi dal signor Lanfranconi, e corro in traccia d'Ifigenia per prevenirla di quanto sta per accadere. La buona figliuola promette assecondare i miei disegni, e attende con impazienza lo scioglimento della catastrofe.
L'ora del pranzo è suonata. Il signor Lanfranconi per dare maggior apparato alla conferenza, si è messo la toga di presidente e un enorme berretto da cui pendono due larghe stole a pelo di coniglio. Il Nebbia e il Trigambi non aprono labbro. Ifigenia non ha voglia