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«Valorosi concittadini!
«Austria è sconfitta, ma non domata; Lombardia ride, Venezia piange, Toscana si redime, Bologna ci stende la mano, Roma freme, Napoli attende. Su dunque, o valorosi! Armiamoci dall'unghie ai capelli; la lotta non è finita; al primo grido d'allarme fate che il nemico ci trovi tutti al nostro posto! Dio è con noi... Inghilterra è per noi, Francia lascia fare... Spagna è minacciata dal Marocco, China dà a pensare alle potenze, Russia attende al Caucaso, Turchia vacilla, Prussia ha dolori intestini, Ungheria si prepara, Russia aspetta. Valorosi cittadini: profittiamo della occasione. Quanto a me, chiamato dall'onorevole incarico di capitanare le file dell'armata cittadina, morrò con voi e per voi nell'ora del cimento. Sia un solo il nostro grido: Viva la razza italo-latina!»
Quest'ultime parole non sono troppo ben comprese dalla folla. Nondimeno, poichè ha cessato di parlare, l'oratore è di nuovo acclamato dalla moltitudine.
— So con qual uomo abbiamo a fare — dico io ad Eugenio. — Ora mi pare che l'uno de' suoi segretari voglia prendere la parola. Ascoltiamo anche costui; a me basteranno poche frasi per conoscere la forza del nemico. —
Il nuovo oratore senza scomporsi della persona scioglie la voce di tal guisa:
«Il grave e lento sviluppo della letteratura germanica, la civiltà del nord meditata e guardinga, con sintesi procedente, non clamorosa ma schietta, non balda ma fidente, matura in segreto i provvidenziali destini dell'Europa tutta; non accelera ma conferma, non spinge ma assoda il progresso delle generazioni avvenire. Meditando la dotta Alemagna, svolgendo le pagine di quegli operosi ma prudenti elaboratori del pensiero, io sento vie più assicurate le sorti del bel paese, che Apennin parte e il mar circonda e l'Alpe; e grido: Viva tutta la famiglia dell'Europa civilizzata! Viva la sapienza civile che informa la nuova êra dei p