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Uno de' miei vicini mormora a mezza voce: — oggi soltanto l'hanno nominato, ed eccolo completamente vestito colla uniforme del grado! Comincio a credere ch'egli l'avesse già in pronto.
— Eh! conosciamo ben altri che s'erano preparati l'uniforme, — risponde dalla folla una voce.
— Silenzio! — gridano ad un punto cento gole. Il primo che aveva mormorato si allontana quatto quatto, e va a celarsi nell'ombre.
Il signor Lanfranconi accenna colla mano alla moltitudine di moderare i suoi trasporti di entusiasmo; i due, che portano il cero, ripetono lo stesso gesto; al baccano succede un silenzio solenne.
Il presidente della società democratica-italo-latina, rassicurato da quella calma, apre la bocca per proferire un discorso; ma non appena egli ha lanciate le prime parole: valorosi concittadini... nuove grida di entusiasmo lo interrompono. — Viva! bravo! — Silenzio! — urlano di bel nuovo gli astanti. Il signor Lanfranconi sorride, straluna gli occhi, improvvisa varie smorfie, si inchina. La gioia di quel primo trionfo gli irradia la faccia.
— Valorosi concittadini, — ripetè egli dopo un lungo intervallo di attesa. — Valorosi concittadini... — Ma a queste parole eloquentissime la folla prorompe a nuove acclamazioni.
Tre volte l'oratore riprende l'esordio, tre volte viene interrotto dagli applausi. «Sì pronti e sì efficaci trionfi, — pensavo io, — ottiene la parola, quando i cuori bollono di entusiasmo, quando il popolo, commosso da generosi affetti, non attende che un breve impulso per correre a grandi imprese, per sacrificarsi ad una santa aspirazione. Guai a chi non profitta di tali entusiasmi!»
Sventuratamente il signor Lanfranconi non aveva che l'eloquenza delle intenzioni. Il discorso ch'ei doveva recitare era stato redatto da' suoi segretari; era un impasto di frasi comuni, vuote di senso, sterili di affetto; insomma, uno di que' discorsi che paiono sublimi ai.... citrulli.