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difatto presso il signor Lanfranconi, gli palesai i miei dubbi, ed egli approvò la mia condotta. Ifigenia parve dapprima alquanto malcontenta del dovere attendere, ma io, che primo le aveva parlato d'amore, fui anche primo a parlarle di patria... e vidi con infinita compiacenza com'ella assai bene mi comprendesse. Crederesti? quando verso la metà del febbraio la gioventù lombarda cominciò ad emigrare per correre tra le file dell'esercito piemontese, la brava figliuola mi animò ella stessa a seguire l'esempio dei generosi. Oh come un tal atto la rese più cara al mio cuore! come sublime è l'amore, quando ad esso è congiunto l'eroismo del sacrifizio! Quando io mi recai per dirle addio, ella non versò una lacrima. Mi donò una coccarda e una piccola treccia de' suoi capelli; mi pregò li portassi sempre sul petto. «Le nostre nozze, — diss'ella, — saranno più gioconde allorchè il paese sarà libero; ed io sarò doppiamente orgogliosa di passeggiare al tuo braccio, quando vestirai la divisa del soldato italiano.» Ciò ella diceva con entusiasmo incredibile in fanciulla di diciotto anni. Il padre, in udire quelle calde parole, si asciugò due grosse lacrime di tenerezza, e stringendomi la mano: «a rivederci presto! — mi disse, — spero tornerete colle spalline.» «Poco m'importa delle spalline, — soggiunse Ifigenia, — il semplice soldato non è da meno del capitano, quando entrambi combattono pel santo scopo di liberare la patria.» Partii coll'animo commosso; e all'indomani con altri miei compagni mi trovai al di là del Ticino a salutare ancora una volta il vessillo tricolore. La fortuna mi fu seconda; io fui ammesso nel corpo dei cavalleggeri, corpo che, come sai, prese parte alle principali battaglie. Ifigenia mi scriveva ogni due giorni, e le sue lettere erano piene di amore, di generose esortazioni. Puoi immaginarti con qual animo io corressi al combattimento; quanto entusiasmo nella prima vittoria; quanta gioia in vedere che il nemico perdeva ogni giorno terreno, incalzato dal valore dei nostri! Ai fatti di Montebello e di Palestro successe la battaglia di Magenta. Gli Austriaci non rinvennero altro scampo fuorchè abbandonare la Lombardia e concentrarsi