Pagina:Ghislanzoni - Racconti politici, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/143

individuo.


CAPITOLO X.

Una fortuna in prigione.


Da due giorni Teodoro era chiuso nella prigione di Santa Margherita. Una sera, proprio nel punto in cui egli stava per coricarsi, il custode gli reca una lettera, e al tempo istesso gli annunzia la prossima visita del presidente del Comitato di sicurezza pubblica.

Giustizia di Dio! Se Dorotea Melazza fosse presente alla lettura di quello scritto, rimarrebbe pietrificata!

Teodoro non volle credere ai propri occhi!... Teodoro sorride... piange... digrigna i denti.... Quel foglio che esala profumi di rosa e di vaniglia, versa nell'anima del prigioniero la voluttà dell'amore e della vendetta! Dal tenore della lettera, immaginate quali strane sensazioni agitassero lo spirito del nostro eroe:

 «Uomo ideale!

«Una donna, che, da oltre sette mesi, prende parte in segreto alle tue aspirazioni, a' tuoi dolori, a' tuoi trionfi; una donna che al pari di te ama la patria, e darebbe il suo sangue pel trionfo della causa nazionale, commossa di speranza e di terrore, osa dirigerti queste poche righe. Io non farò pompa di quelle frasi sentimentali che a te, uomo risoluto ed energico, potrebbero sembrare affettate, fors'anco ridicole. Io ti amo: ecco tutto. Io ti amo senza averti veduto mai; amo il tuo coraggio, la tua costanza, il tuo patriotismo, le tue avventure. Per me tu rappresenti l'indipendenza e la libertà dell'Italia; tu sei l'ideale degli eroi e dei martiri, il solo uomo che sia degno d'amore! Mi hanno detto che tu sei povero assai, povero come tutti i grandi che si immolarono alla causa della umanità. Ebbene, ho detto a me stessa: ciò che la patria non ha fatto a pro del suo campione valoroso, io lo posso e lo debbo fare. Io ti offro adunque le ricchezze che la fortuna mi ha prodigate; a me inutili,