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— Ebbene! poichè vi piace retrocedere, volgetevi per di là, e tirate innanzi pian piano fino al terzo lampione. Fra due minuti vi raggiungeremo. —
I due operai abbandonano il bravo Teodoro, e prendono la via di San Pietro all'Orto per recarsi alla stamperia.
Destino! destino! chi può sottrarsi alla tua potenza misteriosa? I molti che ti adorano e ti temono come una divinità, non sono forse meno stolti di coloro che ti negano. Un povero montanaro viene a Milano colla santa intenzione di festeggiare l'ingresso di un vescovo e, in premio del devoto pensiero, riceve nella coscia un colpo di baionetta, che lo obbliga a letto per quattro mesi, e gli procura una gloria che può innalzarlo a cariche elevatissime, e più probabilmente alla forca. Questo istesso montanaro, dopo lunga malattia, sta per tornare al paese nativo, col pacifico desiderio di chiudere il resto della vita in solitudine ignorata; ed ecco il destino gli si para dinanzi un'altra volta, lo afferra pel collo, e lo trascina in una prigione!
Fra i mille che passeggiano il Corso, Teodoro è forse il più innocente in fatto di politica: tutta Milano è in fermento di rivoluzione: il popolo, che si agita nelle vie, freme di sdegni mal repressi, non respira che odio e desiderio di vendetta. L'allievo di don Dionigi è tutto assorto nella immagine polposa di Dorotea Melazza, la figliuola del sagrestano di Capizzone, che spera fra poco rivedere. Egli procede cautamente nella via, cedendo il passo a quanti gli vengono incontro....
Donde sbuccarono quelle due figuracce dal muso cagnesco? Teodoro dà indietro due passi per lo spavento. Ma i due gli si mettono alle coste e lo inchiodano alla muraglia.
— Signor prigante! — grida l'un d'essi presentando uno zigaro al Dolci — La prego assaggiare quanto star pono tabacco di nostro ponissimo imperatore!
— Tante grazie... signore! — balbetta Teodoro levandosi il cappello; — non sono avezzo a fumare! don Dionigi me l'ha proibito.
— Canaglia di Italiano! — rispondono i due