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due proclami incendiari, e lettere di famosi cospiratori e istigatori della rivoluzione.
CAPITOLO VI.
La dimostrazione degli zigari.
Dopo la perquisizione, la casa dell'Obrizzi non fu più visitata dagli
agenti di polizia. Tornando a Capizzone, lo zio di Teodoro protestò
contro ai rigori del Bolza; e la mediazione autorevole del commissario
di Almenno ottenne grazia al terribile rivoluzionario di piazza
Fontana.
Ma il Dolci era predestinato alla gloria; la rivoluzione voleva farne un eroe, trascinandolo capricciosamente dietro il suo carro.
Sul finire dell'anno, Teodoro cominciò a levarsi dal letto e a riprender vigore. Il povero campagnuolo vagheggiava con inquieto desiderio l'ora del ritorno alla patria. Rivedere il campanile di Capizzone, scambiare un tenero sguardo colla figlia del sagrestano, ricoverarsi nel nido tranquillo dell'antica cameretta, riprendere gli studi interrotti, erano i sogni dorati del pacifico montanaro.
Il 2 gennaio, don Dionigi deve recarsi a Milano per ricondurre il nipote al villaggio nativo. Con quanta impazienza Teodoro attende quel giorno!... I minuti gli sembrano secoli. Carlo Obrizzi, il fanatico patriota, interpretando a suo modo tutti gli atti e le parole di Teodoro, ha per fermo che il villaggio di Capizzone sia un covo di rivoluzionari, e che l'eroe di piazza Fontana sia aspettato lassù per dirigere le operazioni di qualche comitato segreto.
È il primo dell'anno, dell'anno 1848, memorabile nei fasti della storia italiana. I Milanesi, per ostile dimostrazione contro il governo straniero, hanno concordemente stabilito di astenersi dallo zigaro. Infatti nelle vie, oltre all'usato frequenti, non veggonsi fumatori. Se qualcuno passeggia collo zigaro alla bocca, questi viene additato quale un birro provoc