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e carte, che per avventura si trovavano nella stanza, si pose in tasca il portafoglio di Teodoro; indi, volgendosi al prete con aria di trionfo: — Molto reverendo, — gli dice, — credo avervi provato che la nostra polizia non s'inganna mai. Ora, per dimostrarvi che noi siamo clementi nel condannare non meno che vigili nello scoprire i delitti, sospendiamo per ora il processo contro il prevenuto signor Teodoro Dolci in causa della malattia che gli toglie il libero uso delle sue facoltà; a voi, maestro e complice responsabile del temerario attentato di piazza Fontana, ordiniamo di lasciare Milano entro il termine di otto ore; e per guarentigia delle autorità e del pubblico, terremo notte e giorno sorvegliata questa casa da due sentinelle, che verranno mantenute a tutte spese del proprietario signor Carlo Obrizzi. Signor don Dionigi, la riverisco! e soprattutto le raccomando di badare attentamente ai fatti suoi, perchè i nostri hanno l'occhio acuto e gli orecchi lunghi! —

Dopo tali parole, il conte Bolza uscì dalla camera, e la sua fronte, poco dianzi aggrottata, divenne radiante. Il famigerato ministro della polizia non era mai così lieto come quando si accorgeva di aver ispirato terrore. Nella casa dell'Obrizzi egli lasciava un giovanetto semispento, un prete pietrificato, un operaio furibondo di sdegno, una donna piangente e due bimbi che strillavano. Quantunque avezzo a siffatti trionfi, quella sera il conte commissario fu oltremodo contento di sè medesimo, e cenò del migliore appetito.

Don Dionigi passò la notte in orazione presso il letto di Teodoro, poi, verso l'alba, lo benedisse d'un paio di marenghi e, dopo averlo raccomandato alle cure degli onesti operai, raggiunse la vettura del Brunetto per tornare a Capizzone. Il cuore del dabben sacerdote era strozzato. Più che la malattia del nipote, all'anima candida di don Dionigi era crudele il sospetto ch'egli fosse colpevole.

Tutta Milano il giorno seguente seppe della perquisizione avvenuta in casa dell'Obrizzi. Persone autorevoli pretendevano sapere da buona fonte che, nel portafogli di Teodoro Dolci, il Bolza aveva rinvenuti