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ella sa che nel bere io non uso oltrepassare i limiti dell'onesto; pure... quella sera... che vuole?... il vino misto alla politica mi diede al cervello... Fatto è ch'io mi addormentai sul pancaccio dell'osteria, nè mi svegliai che alle otto del mattino, quando il guattero scese per riaprire la bottega. Il mio primo pensiero nello svegliarmi fu pel signor Teodoro... Corro all'albergo dell'Agnello per chieder notizie di lui, e là vengo a sapere l'orribile caso... là trovo lo sconosciuto che mi porge la lettera...
— Povero Teodoro!... povero nipote mio! — esclama don Dionigi. — Senza dubbio egli si sarà trovato in piazza Fontana nell'ora della dimostrazione.
— Sicuramente!... Egli si è trovato in piazza nel punto in cui i Tedeschi si gettavano sulla folla colle sciabole sguainate.
— E non potendo fuggire...
— Sicuramente!... Non potendo fuggire, egli si ribellò ai gendarmi...
— Che! mio nipote ha osato ribellarsi ai gendarmi! — grida don Dionigi balzando dalla seggiola...
— A quanto pare, egli deve essersi ribellato, — prosegue ingenuamente il Brunetto, — poichè, se è vero quanto ho inteso dire all'osteria dell'Agnello, il signor Teodoro ne ha ammazzati quattordici e feriti altrettanti.
— Jesus Maria! — prorompe la Caterina; — il nostro Dorino ha ammazzati quattordici gendarmi!.. —
Ma le ultime parole del Brunetto, che produssero sì viva impressiono nella vecchia servente, anzichè aggravare, hanno alquanto mitigato il cordoglio di don Dionigi. L'inverosimiglianza del racconto è troppo evidente... L'animo del dabben sacerdote si riapre alla speranza... Teodoro avrà corso qualche pericolo; forse nella pressa della folla avrà riportata qualche leggera contusione; ma il fatto non può essere tanto grave qual venne esposto nella lettera dello sconosciuto e nella confusa narrazione del Brunetto.
Per chiarire prontamente ogni dubbio, don Dionigi risolvette di partire all'indomani alla volta di Milano, e, dopo aver vegliato la notte in preda alla più viv