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provvisa una odissea di menzogne. Il contegno impaurito del dabben uomo, le frasi equivoche, le risposte contraddittorie destano negli uditori più vivi sospetti.
Frattanto un nuovo personaggio è entrato nella sala, un giovinotto di circa venticinque anni, dalla fisonomia vivace, dal piglio disinvolto ed ardito. L'albergatore scambia poche parole col nuovo venuto, indi, additandogli il vetturino: — Ecco l'uomo che vai cercando, — gli dice; — tu puoi parlargli liberamente; quei signori son tutti... della lega!
Il giovinotto si introduce nel crocchio, e presentandosi al vetturino: — Siete voi, — gli chiede, — il signor Brunetto da Capizzone?
— Io, per servirla!
— Quando riparte la vostra vettura?
— Domani alle quattro del mattino.
— Ebbene: io vi prego di recare questa lettera al sacerdote don Dionigi Quaglia.... Badate che gli è uno scritto di somma importanza!... Il signor Teodoro Dolci mi ha parimenti incaricato di avvertirvi ch'egli non può partire domani... trovandosi alquanto indisposto....
— Che! la signoria vostra ha veduto il signor Teodoro Dolci?... Ove diavolo s'è egli ficcato? Gli è tutto il giorno ch'io lo cerco!...
— Il signor Teodoro... trovasi in luogo sicuro, in casa di persone fidate... di persone, che possono guarentirlo da ogni pericolo.
Pronunziando queste parole, il giovane gira intorno una occhiata diffidente.
La curiosità trabocca dagli occhi degli astanti.
Il vetturale non osa stendere la mano alla lettera, temendo ch'essa racchiuda qualche grave mistero politico da comprometterlo. L'oste, avido anch'egli di notizie e al tempo istesso desideroso di farsi un merito presso i suoi avventori, battendo leggermente sulla spalla del giovane: — Carletto, — gli dice, — io t'ho già avvertito che qui puoi parlare liberamente.... Qui non vi è persona che patisca eccezione... Io conosco i miei avventori... e quando una tromba penetra qua dentro, sai bene ch'io mi affretto a prevenirne gli amici.