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trovossi nel centro della piazza Fontana, rimpetto al balcone del palazzo arcivescovile.
Gli avvenimenti di quella memorabile serata erano il prologo della grande rivoluzione italiana del 1848. Gli Austriaci da lunga pezza diffidenti e presaghi della terribile catastrofe, in quella festa, in quelle acclamazioni chiassose fatte al nuovo arcivescovo, intravidero i sintomi della prossima insurrezione. Fatto è che, mentre il popolo stipato nella piazza invitava con urli feroci il ritroso prelato perchè si presentasse al balcone, parecchie pattuglie di soldati e poliziotti irruppero nella folla colle armi sguainate, suscitando uno scompiglio da non potersi descrivere. Alla vista delle sciabole e delle baionette, i cittadini che non s'attendevano quell'assalto violento, s'urtano l'un l'altro per uscire dalla mischia. Donne e fanciulli, rovesciati al suolo dall'urto dei fuggenti, son pesti e malconci; un dabben uomo, certo Ezechiele Abate, muore di crudele ferita; altri barbaramente percossi son tratti prigioni: in pochi minuti il popolo scomparisce, e i soldati assalitori rimangono padroni del campo. È debito della storia il convenire che in quella serata il valore austriaco trionfò su tutta la linea; nè mai esercito agguerrito ottenne più completa e più facile vittoria sovra un popolo inerme.
Che avvenne del nostro Teodoro durante la battaglia? Mi duole annunziarvi la trista novella.... Teodoro ha riportato una grave ferita. Trascinato dalla corrente, il nipote di don Dionigi era giunto allo sbocco che mette in contrada Larga, quando uno scellerato di poliziotto gli piantò nella coscia la punta della baionetta.
«Aiuto! misericordia!» urlò il poveretto stramazzando a terra.
I circostanti, preoccupati ciascuno della propria salvezza, fuggono atterriti, abbandonando la vittima alla mercè del carnefice. Una sciabola acuta e lucente pende sul capo di Teodoro; il terribile poliziotto misura il colpo.... Se la Provvidenza indugia un istante a soccorrerlo, il nipote di don Dionigi è bel