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le riempirono il cuore di tristi presagi. Prima di coricarsi, ella si assise al cembalo magnetico e scorrendo colle dita sovra la tastiera di avorio, parlò alla sorella d’amore.

— Vegli, o Speranza?

— Veglio.

— Finalmente le rose diedero fragranza, ma le spine sono cresciute.

— Narrami la storia del tuo cuore — io chino l’orecchio sul cembalo per udire il melodioso canto della vergine innamorata.

La casa di Fidelia e la casa di Speranza erano disgiunte da tre lunghe contrade — ma le due donne conversarono fino all’alba colle oscillazioni del telegrafo. Per comunicare agli avorii le magnetiche parole, Fidelia raccoglieva tutte le forze dell’anima sospingendole colla volontà verso l’estremo delle dita. Gli occhi della giovinetta mandavano fiamme; le labbra oscillavano; i polsi tremavano convulsi per la pressione del fluido sospinto... E quando Fidelia, stanca da quegli sforzi violenti, reclinava la testa sul timpano sonoro, una musica soavissima le parlava allo spirito — una musica di consigli, di speranze e di benedizioni — la musica di un’anima sorella. — Il telegrafo magnetico di Terzo Bonelli riparava ai tanti peccati dei telegrafi antichi — traduttore fedele dell’anima, esso non poteva in verun modo trasmettere la menzogna.