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ogni giorno uno di quegli orribili fuscellini, e li trova deliziosi, e dice che noi abbiamo torto di fuggire di casa quando egli ci ammorba di quella puzza insopportabile.

— Oh! pur troppo li ho conosciuti anch’io i fuscellini di tuo nonno! Fortunatamente mio padre ha esaurito la sua provvista, e n’è disperato. — Ogni qualvolta io sento dire che in città vien proposta la demolizione di qualche antico monumento, pensando al pericolo di vederne uscire quella peste, mi viene la pelle d’oca!

— Eppure quelli erano i famosi zigari Virginia, croce e delizia del secolo passato!

— Ora giudicate se la natura umana doveva essere viziata a quei tempi! — L’altra sera, conversando con maestro Umbold quarto, io gli ho proposto la questione se sia presumibile che nel secolo passato i fiori avessero colori, fragranza od altra proprietà che in oggi non hanno; non potendo io concepire come i nostri avi abbiano potuto deliziarsi nel fetore dei loro tabacchi! — Le leggi di natura sono immutabili — mi rispose il maestro — perché sono perfette. Ai nostri padri come a noi la primavera offeriva ogni anno le sue rose olezzanti, i ligustri, le viole, i gelsomini... Il profumo del bene esalava dai campi, si spandeva nell’aria e penetrava nelle cose dell’uomo, per adescarlo a seguire il buon cammino — e l’uomo aspirava l’infezione del tabacco, e si avvelenava il sangue e l’intelletto coll’absinzio e coll’acquavite.

— E credi tu, Viola, che a quei tempi esistesse la santa virtù che si chiama l’amore?

— Io credo che l’amore abbia sempre esistito nel mondo — e che a lui si debba ogni sviluppo delle umane perfezioni. Io mi sento orgogliosa di essere donna — perché ritengo che, nei barbari tempi dell’abbrutimento universale, la donna abbia sempre conservata e alimen-