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fatto constatate e determinate da giudici incorruttibili, stanno scritte nel resoconto che da tre giorni venne sottoposto al pubblico sindacato nel Diario del dipartimento. Nessun difensore essendosi presentato innanzi l’ora prefissa dalla legge, è ritenuto che la coscienza pubblica abbia facoltà di confermare la sentenza del Tribunale. Da questo momento la condanna di Secondo Albani è divenuta irrevocabile.

«Ed ora mi rivolgo a te, fratello reietto; e bada che la mia voce è la voce di tutta l’umanità che grida anatema sul tuo capo.

«In epoca non lontana che con stolida jattanza intitolossi civile, l’assassino era condannato a morire per mano del carnefice sulla piazza, al cospetto di un popolo, che assisteva a quella scena di sangue come a spettacolo giocondo. Il delitto punito col delitto, in luogo di moralizzare le masse, le abituava al ribrezzo dell’orribile vista. Il popolo fu veduto ammirare ed applaudire al cinismo del condannato. — Sul palco di morte il delitto parve circondarsi di un’aureola gloriosa — la vittima fu compianta, il boia imprecato. — E nondimeno, a quell’epoca, molti eminenti legisti facevano l’apologia della forca. I più miti, riconoscendo l’immoralità del supplizio, lo dissero terrore indispensabile a reprimere istinti feroci. — Non avrei evocate le memorie dei barbari tempi, se non fosse rarissimo il caso in cui il Tribunale di Giustizia debba applicare ad un grande colpevole gli estremi rigori del Codice di redenzione. — È necessario che al fratello del reietto, e a tutta la famiglia che mi ascolta, io ricordi in che consista la pena della morte civile, e come debbasi applicare, e quali sieno quindi innanzi i soli rapporti possibili fra il condannato e la società che lo respinge dal suo grembo.

«A te dunque, Secondo Albani, da questo momento è