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talia, suddivisa in quindici comuni di primo ordine o centrali, e centoventidue di secondo ordine, nel 1957 era considerata il più popoloso e il più civile dipartimento della Unione.
Chi mai avrebbe immaginato che un sì rapido sviluppo di intelligenza e di moralità, dovesse emergere da un impeto di collera popolare, da un avvenimento barbaro in apparenza, e con tal titolo riprovato dagli storici contemporanei?
Questo avvenimento — poichè ci accadde accennarlo — fu l’incendio e la distruzione di Roma, decretata da quel popolo stesso che pochi anni prima aveva eletta la città dei Cesari e dei papi a capitale del nuovo regno italiano.
Istallarsi in Roma, consenziente la Curia, benevolo il papa, voleva dire per il governo italiano abdicazione di ogni idea liberale, di ogni principio di moralità. Tardi ma in tempo lo compresero gli italiani. Quando ai banali entusiasmi della piazza, alimentati dal baiocco papalino; quando al sacrilego connubio delle mascherate e delle processioni, delle riviste e dei tridui, sottentrò la calma normale di una nazione che grande si crede, allora i disinganni cominciarono, il pericolo si annunziò minaccioso, il tradimento della Curia esalò putrido e nero dalle sentine cardinalizie. Il Parlamento invaso da canonici — il Senato una congrega di cardinali e di cappuccini corpulenti — le riforme del Codice affidate ad una Commissione di Domenicani!
L’Italia, più che mai aggravata dalla cappa di piombo simboleggiata; dall’Alighieri, dopo tanti fastidi e tante guerre per la conquista della capitale, ricominciò a cospirare per disfarsene.
La nuova cospirazione affrontò senza esitanza e senza scrupoli il dogma religioso. Rénan preso il posto di Maz-