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libro, potrei prestarvi il mio, perfettamente trascritto e corredato di commenti.
Il signore parlava con una calma, con una convinzione, che eccitava all’ultimo grado la curiosità de’ suoi uditori. Il curato era perplesso. Non ardiva manifestare il suo desiderio... Temeva per sè, per la fede degli altri... Un segreto presentimento lo avvertiva che la storia del signore doveva portare un terribile crollo al sistema del non possumus e ad altre teorie venerande. La curiosità del sindaco non era scevra di terrore. La ghigliottina o la forca si affacciavano alla sua imaginazione come un terribile dilemma... La mano ignota dell’avvenire lo stringeva alla gola come un capestro... Il farmacista era più fidente. Un uomo di idee tanto avanzate credeva di non aver nulla a temere dal progresso. Nella storia dell’avvenire egli si vedeva riservata la parte più brillante.
Il signore attraverso alle esitanze ed ai terrori, indovinò il desiderio della sua piccola assemblea.
Si levò di tasca il foglio cabalistico che noi conosciamo, lo spiegò sulla tavola, e si fece a narrare la sua istoria.
E poichè la storia dell’Abrakadabra vuol essere molto lunga, e, osiamo sperarlo, molto interessante, noi la riporteremo tutta di seguito senza avvertire le pause, le objezioni, le piccole controversie suscitate dai fatti, e quegli accidenti di tempo e di luogo che non hanno da fare coll’azione.
Il signore narrò la sua istoria in diverse riprese. La sua fisonomia mutava espressione a seconda degli avvenimenti, o piuttosto a seconda delle momentanee disposizioni dell’animo. A volte grave e severo, a volte scherzoso e beffardo. I suoi entusiasmi erano brevi, intermittenti — si ammorzavano d’improvviso come se un lampo di incredulità gli attraversasse la mente. Rideva nel dipingere una scena di desolazione — declamava tragica-