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dosi ad una delle creste più elevate del monte, dov’era apparso un personaggio a tutti noto.

A quel grido di moltitudine succedette un silenzio da deserto.

Deladromo (poiché era ben desso, il celebre primate di astronomia, l’uomo acclamato dalla moltitudine) tuffò la bocca nello stromento fonico che centuplicava la sonorità della sua voce, e parlò di tal guisa:

— Mentecatti, buffoni e bricconi della razza superiore, alla quale non mi son mai gloriato di appartenere, ascoltate bene ciò che sta per dirvi chi non vi ha mai ingannati. Questa mattina, alle ore sette antimeridiane precise, il pianeta Osiride ha cominciato la sua corsa di precipitazione verso il nostro globo. Questa corsa periodica, che suole effettuarsi ad ogni scadenza di diecimila anni, si compie inevitabilmente nello spazio di quindici giorni. La qual cosa significa, badate bene, o mamalucchi, che allo spirare di quindici giorni, tutta la superficie del nostro globo sarà sconvolta e rinnovata dalle acque. Io vi annunzio il fenomeno; voi, se le forze vi bastano, provvedete! Ohimè! le vostre forze non basteranno. La superficie terrestre esige di rinnovarsi ad epoche fisse; ciò è nell’ordine indeclinabile della natura. Quali trasformazioni subirà la razza umana nella nuova genesi che sta per iniziarsi? Mistero. Questo solo apparisce evidente, che l’umanità vissuta sin qui, perisce nella completa ignoranza della sua missione fisica ed intellettuale, perisce attestando la sua incapacità a migliorarsi. Tutti i nostri sforzi per giungere al meglio hanno sempre abortito; qualche cosa di abberrato era in noi per condurci costantemente sul cammino dell’errore e della infelicità. Consoliamoci! Fra quindici giorni la nostra generazione sarà spenta, e i nostri successori dovranno ignorare che noi abbiamo esistito, come noi ignorammo