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nostro legislatore, il nostro profeta, or fanno tre giorni, dopo mezzo secolo di torpore, si è ridestato alla vita attiva. La volontà dell’illustre sopito è compiuta. I depositarii della tradizione Malthusiana, consapevoli di ogni patto, penetrarono, nel giorno e nell’ora stabilita, dentro la cavità granitica, dove il profeta dormiva da cinquant’anni in una temperatura di sessanta gradi sotto zero. Seguendo le istruzioni lasciate dal Gorini, in meno di due ore quei prudenti operatori ottennero gradatamente il disgelo: il corpo irrigidito si riscosse, si riapersero gli occhi, la favella si sciolse... Gli apostoli si gettarono a terra adorando, inneggiando al redivivo.

«— Sospendete, o fratelli, quei plausi; imponete al vostro entusiasmo! Serbate gli osanna a lui solo. Fra pochi istanti, allo squillar dei due tocchi pomeridiani, il gran Malthus sarà qui. Egli lo ha promesso, egli mi ha incaricato di recarvi la buona novella. Sì, fra dieci minuti... egli sarà in mezzo a noi... Egli avrà preso il mio posto su questa tribuna per rivelarvi l’ultimo verbo del suo genio divino. Che se mai...

«— Da Manicopoli! — gridò un volonteroso di alto grado, avanzandosi verso il proscenio e presentando un dispaccio al Presidente del Comizio.

«— Leggete! leggete! — gridarono dal teatro trentamila voci.

Il Presidente sciolse il piego, gettò uno sguardo sulle cifre, e pallido, con voce tremante, lesse quanto segue:

«Malthus redivivo suicidatosi ignote cause, attendonsi schiarimenti.

«Il seniore Saffus».

— Impossibile! assurdo! — urlò il Relatore con accento irritato; maledetta la Stefani!