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profeta e legislatore che sarebbe uscito prodigiosamente dalla tomba per affermare nel comizio i principii divini, per dissipare molte erronee credenze relative agli istinti dell’uomo ed alle leggi dell’universo. I cronisti meglio informati pretendevano sapere che quell’uomo straordinario era vissuto cinquant’anni sulla sommità di una montagna coperta di gelo, orando e meditando; che la parola di Dio era scesa nel suo spirito; che, infine, le più sublimi rivelazioni erano da attendersi da lui. L’Albani, recentemente convertito alla fede naturalista e già iscritto negli ordini superiori del partito non poteva mancare all’appello. Nel giorno fissato per la solenne adunanza, egli giunse a Napoli in compagnia del Virey, e all’ora di mezzodì, indicata per l’apertura del comizio, andò col collega a prender posto in una galleria del teatro massimo.

Non si è ancora perduta a quest’epoca la consuetudine di adunare il popolo a discutere di politica nei luoghi ordinariamente destinati agli spettacoli dell’opera e della commedia; vi è sempre qualche cosa di teatrale, di spettacoloso e di comico in ogni assembramento di politicanti; l’ambiente, in ogni caso, risponde al carattere dei personaggi e consuona coll’enfasi dei discorsi.

La folla si pigiava nella platea; gli uomini del governo, i rappresentanti della nazione, i primati, le etére, le dame di capriccio, le Immolate, le mogli emerite prendevan posto nelle sedie riservate o salivano ad occupare le logge.

Una impazienza febbrile agitava quel pubblico di trentamila persone. Quando la sfera del grande orologio elettrico sovrastante al palco scenico toccò il mezzodì, il sipario si alzò rapidamente e gli occhi della folla furon paghi.

Un applauso fragoroso ma breve salutò i capi della