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combattenti; noi passiamo in rassegna l’esercito, e contiamo trecentomila soldati — voi sperate nell’alleanza di tutti gli oppressi, di tutti i malcontenti di Europa; noi domandiamo l’appoggio o la neutralità di potenti nazioni — voi minacciate e sfidate, noi destreggiamo perchè ci lascino fare — voi vi fate beffe della diplomazia; noi ci facciamo diplomatici per ischermircene.

«Ecco perché ci chiamate moderati, uomini della paura! Moderati? Oh sì! noi lo siamo... La moderazione è da esseri ragionevoli — i bruti, i selvaggi non la conoscono. Paura? Se la passione non vi impedisse di renderci giustizia, voi la chiamereste prudenza. Una sola cosa noi temiamo: perdere il frutto del sangue versato a prezzo di nuovo sangue.

«Gridateci codardi, impotenti, traditori! Abbiamo fatto il callo alle vostre invettive! Noi aspetteremo fino a quando la convinzione del poter fare non ci gridi: avanti!

«Frattanto, i giorni della attesa non saranno sprecati per opera nostra. Noi non turberemo la fede del popolo con suggestioni nefande; predicheremo la concordia e il compatimento — insegneremo la libertà, esercizio di equi diritti e legge di sacri doveri. Mentre l’esercito si agguerrisce, impareremo a divenire nazione.

«Non è malva, non è oppio quello che noi spargiamo nei circoli, nelle associazioni degli operai, nelle scuole gratuite da noi favorite e protette. Noi insegniamo la libertà ogni qualvolta voi non ci interrompiate per obbligarci a combattere la licenza e la violazione delle leggi.

«Più che altro ci sta a cuore di riconciliare alle idee di civiltà e di progresso i molti che finora le guardarono con isgomento. Noi vogliamo persuadere gli onesti di tutte le classi che libertà è ordine assoluto, che rivoluzione non è sinonimo di anarchia e di ghigliottina.