Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 214 — |
Il Virey fece il giro della tavola, e in un batter di ciglio fu presso alla immolata.
— Sorella di amore — disse lo scienziato all’orecchio della bella — sono dolentissimo di dovervi importunare in tal momento... Vi è un malato... un morente... che reclama i vostri soccorsi... La sua vita dipende da voi... Abbandonate la mensa e seguitemi!...
— La preferenza che voi mi accordate — rispose la donna con amabile accento — mi colmerebbe di troppa gioia, se in questo istante la mia vanità femminile non fosse dominata da un istinto più volgare. Gli stimoli del desiderium mi hanno surreccitate le papille nervee a tal segno, che il mio appetito di vivande si è reso feroce, e voi converrete meco che questi ninnoli non potranno ottenere altro effetto fuor quello di irritare davvantaggio la rabbia de’ miei denti.
Così parlando, la bella portò al labbro un elegante spillone d’argento, sulla cui estremità stavano infisse due lingue di usignuolo affumicate.
— Il nostro collega Raspail ha provveduto a tali urgenze — disse il Virey traendo da una scatoletta due pillole di midollo concentrato di leone. — Questi due globuletti racchiudono gli atomi sostanziali di due pranzi lautissimi.
— Sia fatta la vostra volontà! — rispose con tristezza la donna inghiottendo le pillole; — ma un buon pranzo è una grande consolazione dei sensi, mentre invece questi surrogati della scienza...
Poi, mutando improvvisamente di tono:
— Ditemi, Primate, è egli bello il vostro malato?
— Giudicatene! — rispose il Virey.
E in così dire, pose innanzi alla donna una fotografia colorata che ritraeva l’Albani in tutto il fulgore della sua bellezza giovanile.