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profana sugli atomi vitali che per avventura serpeggiano tuttavia in questo corpo estenuato?...»

Fratello Consolatore non rispose e chinò la testa mestamente.

Il Virey, per un istante disarmato dall’umile atteggiamento del Levita, riprese la parola con intonazione più dimessa:

«La malattia che ha colpito quest’uomo è una delle più comuni oggidì: la lassitudine nervosa complicata e aggravata da un chiodo fantastico.

«Lo sfinimento dell’apparato nervoso ripete la sua origine da troppo intense e prolungate esercitazioni della macchina cerebrale; il chiodo fantastico è frutto di una troppo costante e inesaudita surreccitazione dei globuli simpatici. Il bagno fosforico e le fasciature elettro—magnetiche applicate con prudente moderazione potrebbero in breve tempo rinvigorire il sistema pregiudicato; ma un tal metodo di cura aggraverebbe la crisi dell’organo più compromesso.

«Signori!... occhio al cervello!... occhio al padrone, al governatore, al tiranno della casa vitale! Abbiate per fermo che nessuna malattia è mortale quando l’organo tiranno che siede là dentro conservi piena ed intatta la sua forza di volere.

«Affrettiamoci dunque! Il nostro primo compito sia quello di ristabilire l’equilibrio fra i globi cerebrali. Ottenuto l’equilibrio, quando il malato sarà in grado di pensare e di volere, in pochi giorni la resurrezione delle fibre sarà completa.

«Riassumiamoci. La biografia del paziente ci ha rivelato che un intenso desiderio di possessione riportato sovra una donna fu causa della anomalia. L’idealismo! sempre l’idealismo! fomite di ogni follia, di ogni disordine, per non dire di ogni umana scelleratezza. Questo uomo,