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vore dei così detti galantuomini, si accorsero che negli ergastoli e nelle galere i birbaccioni non godevano le maggiori agiatezze della vita.

«Lugete, Veneres, cupidinesque!

«E mano alle riforme carcerarie!... Le case di pena si tramutino in altrettanti cenobii di fannulloni ben vestiti, meglio pasciuti e confortati, a spese del comune, da ogni sorta di ricreamento.

«È troppo giusto che il vizio ed il crimine dormano sovra un soffice letto, mentre i contadini pusillanimi che rispettano la legge debbon coricarsi a digiuno sulla paglia ammorbata.

«Non basta ancora, non basta, perdio! La reclusione è una infamia... L’uomo è nato libero... La libertà è un inviolabile diritto di tutti. Chi si attenta, sotto qualsivoglia pretesto, di vincolare questo istinto sovrano della umanità, commette un mostruoso fratricidio.

«Si atterrino le case... di riposo!... Uscite, o sfortunati! La società vi riapre le braccia; cittadini ladri, cittadini assassini, i fratelli vi reclamano. La famiglia Europea offrirà a tutti il pane e l’alloggio gratuito; voi sarete vestiti e nutriti a spese del Comune; potrete viaggiare gratuitamente sulle ferrovie e sui piroscafi: alla sera, nelle grandi città, avrete libero accesso ai teatri. La famiglia non è abbastanza ricca per offrirvi dei lauti sussidii in denaro. Un lusso al giorno!... è poca cosa, ne conveniamo. Ma alle spese delle gozzoviglie, dei capricci galanti, delle corse aeree, provvederanno i vostri talenti.

«E infatti... si è veduto:

«Non appena questo bel trovato dell’amnistia generale ebbe scatenati sulle famiglie della Unione i trentamila fratelli detenuti, a tutte le porte delle abitazioni fu mestieri applicare la serratura a revolver. Il grande av-