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rienne colla Messaggeria pneumatica dei Bonafous; e da ultimo aveva sorpassato il Cenisio colla locomotiva ertoascendente della Società Goudar e Blondeau, — una locomotiva che aveva fatto obliare il meraviglioso traforo praticato fino dal secolo precedente nelle viscere del monte1.

L’Albani giunse in Milano verso le nove della sera. Prima di oltrepassare la cinta balsamica2, egli si fermò un istante per consultare il suo orologio calamitato — poi, come uomo che tema di essere veduto o riconosciuto, sbottonò dalle spalline il berretto succursale per riporselo in capo, rialzando al tempo stesso i due paraventi acustici3 fino al disopra dell’orecchio.

  1. La locomotiva erto— ascendente si costituisce di una catena di vagoni ordinarii messi in moto da un gigantesco pallone della forza di ottocento aquile. Immaginate l’immenso aereostata che parte dal vertice della montagna, trascinando, nell’impeto dell’ascensione, una grossa fune, la quale si prolunga fino alla base del monte per congiungersi ai vagoni. La fune, girando sovra una serie di carrucole mobilissime aderenti al pendìo, mette in moto il convoglio e lo obbliga a salire. È superfluo avvertire che queste corse ascendenti sono esattamente commisurate alla lunghezza della fune, riuscendo altresì molto facile arrestare il convoglio, alle diverse stazioni, coi freni nodosi già prima intercalati alla fune medesima. Le corse discendenti si effettuano sullo stesso binario senz’altro motore che quello della gravitazione naturale del convoglio, opportunamente frenato dalle corde coibenti.
  2. La cinta balsamica è una doppia fila di alberi ed arbusti aromatici, sostituita agli opprimenti bastioni del secolo precedente. Il profumo di questi alberi è un efficace disinfettante dell’aria, sopratutto nella calda stagione. La cinta balsamica serve anche nell’autunno e nell’inverno per riparare la città dalla invasione delle nebbie.
  3. Paravento acustico. Non farà meraviglia che un secolo tanto affaticato dalla operosità dello spirito, e per conseguenza tanto nervoso, abbia dovuto ricorrere a mille congegni meccanici per proteggere i sensi e rinvigorirli. Non c’era bisogno di occhiali, prima che l’umanità imparasse a leggere ed a vegliare sulle carte al lume incerto e tremolante della candela — e così pure non venne sentita la necessità del paravento acustico e d’altri riparatori e rinforzatori dell’udito, prima che il trambusto delle locomotive terrene ed aeree, prima che il frastuono dei grandi apparati meccanici non minacciasse di ottundere anche i nervi più sani.