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nistro nella bonomia di quel vecchio. Le sue carezze parvero a Fidelia una affettazione di cattivo augurio, ond’ella, per sottrarsi a quell’impeto di tenerezza paterna, pose in campo un pretesto e ritirossi nel suo appartamento. Il Gran Proposto, dopo averla accompagnata com’era suo costume, e salutata col bacio del buon sogno, rientrò nel suo gabinetto.

Sullo scrittoio del primo funzionario dell’Olona stava spiegato un dispaccio portante il timbro del Ministero di Sorveglianza pubblica.

Erano poche linee di scrittura, ma il vecchio non si saziava di rileggerle, e pareva che da quel foglio uscisse un riflesso di beatitudine ad irradiargli tutto il volto.

Il dispaccio era così concepito:


«Onorevole Gran Proposto,

«Ho la soddisfazione di annunziarvi che il nostro zelo, le nostre sollecitudini, la nostra pertinacia hanno trionfato di ogni difficoltà. Redento Albani ha violato la legge di dilazione. Questa notte egli era a Milano, ha visitato la Villa Paradiso, si è intrattenuto col Custode-direttore, ed ebbe anche un segreto colloquio con vostra figlia nel piccolo gabinetto musicale addetto alla villa stessa. Non è mestieri che io vi aggiunga altre parole; vostra onorevolezza sa troppo bene ciò che le resta a fare. Aggradite, onorandissimo Gran Proposto, gli umili ossequi del vostro subordinato devotissimo, e comandatemi in ogni occasione.

«Dato dal primo gabinetto di Sorveglianza pubblica la notte del ventisette settembre 19...

«Torresani degli ex—baroni.»