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stica luce. Una tavola oblunga, sfolgorante di preziose suppellettili e imbandita di vivande vespertine attendeva la gioconda comitiva delle ospiti fanciulle.

All’entrare di Fidelia, l’anziana del palazzo e le quattro volonterose che stavano a guardia della sala, spruzzarono di faville i vasi purificatori, e da questi subitamente elevossi una nuvola bianco—rosata che, dissipandosi nel vano, imbalsamava l’atmosfera di atomi odorosi.

— Fra un’ora saranno qui tutte! — disse Fidelia alle donne. — Frattanto io e la mia buona sorella di amore visiteremo gli appartamenti.

— Non vi sono appartamenti in questo palazzo — disse sorridendo l’anziana — o piuttosto ve ne sono tanti, quanti ne può ideare la umana fantasia; ma voi potete vederli tutti senza uscire da questa sala.

Fidelia e Speranza si ricambiarono una occhiata di sorpresa.

— Ebbene — domandò l’anziana. — Volete voi godere il meraviglioso spettacolo? Compiacetevi di sedere su quel piccolo divano di muschio satinato, e noi vi mostreremo una ventina di appartamenti, vi offriremo allo sguardo tale varietà di mobilie e di addobbi quale non saprebbe ideare la mente più ingegnosa. Io credo che la moderna architettura non abbia ancora prodotto un palazzo più sorprendente di questo in nessuna città della Unione Europea.

Fidelia e Speranza, tenendosi per mano, quasi impaurite, andarono a collocarsi sopra il divano loro assegnato. E tosto, per un cenno dell’anziana, le quattro volonterose corsero ad occupare i quattro angoli della sala, e toccando ciascuna un bottone sporgente dalla muraglia, produssero uno di quei cambiamenti di scena che in teatro producono tanto effetto.

La parete di fondo scomparve... Ciò vi sembra prodi-