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su lui una speciale sorveglianza. Pure, considerata la circostanza pregiudiziale di aver egli viaggiato in un veicolo sospetto e in compagnia di uomini riprovati e processati e condannati a tutto rigore di legge, credo opportuno e prudente far seguire le sue tracce, e far sindacare le sue azioni da quattro uffiziali di prevenzione, i quali verranno scelti fra i più cauti e manierosi del compartimento. Questi quattro uffiziali si pongano immediatamente sulle peste. L’Albani è proprietario di una villa suntuosa, sulle sponde del canale Lariano, a venti miglia dalla città. I nostri bracchi fiutino per quella parte, e troveranno il loro uomo. Prudenza, discrezione, alacrità, rapporti celeri e immediati! — Abbiamo inteso? Il processo è esaurito!...
Il Torresani, dopo queste parole, toccò la molla di congedo, i subalterni sparirono com’erano venuti, le porticelle si chiusero, e la sala rimase deserta.
Poco dopo, il vecchio Capo di Sorveglianza spediva a Pietroburgo un telegramma:
«Bolza, — sei un imbecille! — Albani è a Milano da otto giorni, e tu l’hai veduto ieri a Pietroburgo; da questo momento ti metto in disponibilità con un quarto di stipendio».
E subito da Pietroburgo un telegramma di risposta:
«Albani è qui; ho fatto colazione con lui stamattina al Caffè Kertzel. Mettendomi in disponibilità commettereste un abuso di potere, e la vedremo!
«Bolza».
Il Torresani, letto il dispaccio, rimase alcuni minuti sopra pensiero. I suoi occhi erano quelli del gatto che vede levarsi a volo una allodola sfuggitagli dall’ugna.
— Non importa! — esclamò poco dopo — le deposizioni del Bigino varranno a qualche cosa, se non altro a convincere il Gran Proposto della nostra buona volontà.