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per risalire alla volante ancorata. Essi entrarono nella nave; io, dietro loro richiesta, patteggiai di risalire la notte seguente per tenermi pronto ad ogni cenno. Si fecero parecchi viaggi...
— Basta! — interruppe il Torresani, il quale durante l’esposizione del Conduttore non aveva cessato mai di sfogliare i documenti che erano ammassati nel suo pulpito — so quante volte sei asceso, quante volte sei calato, e con quanti individui, e in quali circostanze. Lodo la tua schiettezza, Bigino. Ma ora, per abbreviare le formalità dell’esame, io ti prego rispondere alle poche domande che sono per indirizzarti: Nell’ultima tua calata, hai tu deposto in Milano qualcuno degli abitatori della Nave?
— Uno.
— Il primo, forse, lo stesso che, la sera dell’otto, venne a noleggiare la tua gondola, dandosi a conoscere per un graduato della setta equilibrista...?
— Un altro...
— Uno dei quattro...?
— Un individuo, che io non aveva mai visto, una persona molto seria, molto interessante.
— E questa persona... molto seria... molto interessante... ti ha fatto promettere di tornare colla tua gondola... a rilevarlo...?
— Al contrario, gusta volta io fui licenziato, e congedato formalmente.
— Bigino!... Un ultimo favore, poi ti lascio andare pei fatti tuoi, senz’altra molestia: ti prego di salire un istante sul mio pulpito...
Il conduttore si avanzò verso il pulpito colle mani in saccoccia, e giunto presso i gradini, si fermò come un ciuco restìo.
— Salite, dunque, cittadino fratello!...