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della Unione, anche a noi conduttori di gondole è permesso di filosofare un pochetto. Del resto io vi dichiaro, signor Questore, che fra i tanti doveri che opprimono i liberi cittadini della Unione, questo di rendere testimonianza per effetto di legge lo ritengo il più sacro. Per incoraggiarvi, dirò di più. Io appartengo a quella setta di politici, i quali si accordano nel principio che il mondo non sarà mai perfettamente governato, fino a quando il potere esecutivo non sarà nelle mani di tutti!

Il Torresani fece una smorfia sinistra.

Le ultime parole del conduttore di gondole rimescolavano nella sua mente una terribile idea, una idea che era il tormento delle sue ore inoperose, l’incubo delle sue notti più insonni. Commissari di polizia, questori, capi di sorveglianza, non sacrifichereste voi una metà del vostro stipendio per allontanare questo orribile fantasma che vi grida eternamente con un milione di voci: rivoluzione!... mutamento di Governo! anarchia!?...

Ma il vecchio Torresani riprese ben tosto la sua calma, e fingendo di non aver compreso la minaccia del suo interlocutore:

— Bigino! — gli disse — poiché ti veggo sì ben disposto a secondare l’autorità, nella quale, per ora, si concentrano i poteri necessarii alla tutela dell’ordine pubblico, non dubito che tu vorrai rispondermi con tutta schiettezza. Nelle tue ascensioni fuori di torno, tu hai condotto delle persone sospette alla volante stazionata da circa dieci giorni al disopra della città, portante abusivamente il numero 2724.

— Persone sospette!... Ecco delle parole molto elastiche e molto abusate dagli antichi e dai nuovi rappresentanti dell’autorità governativa. Sarebbe ormai tempo di sopprimerle, onorevolissimo Questore. Il sospetto è il nemico più naturale della equità, ed è quasi sempre il