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fanali della gondola mancano quattro vetri, ed ella sa meglio di me, signor Questore onorevolissimo...

— Io non mi chiamo Questore, ma Capo di Sorveglianza...

— La perdoni...! Noi altri milanesi siamo un po’ duri a imparare le parole nuove... sopratutto se queste parole non esprimano che idee antichissime... e rappresentino delle istituzioni altrimenti qualificate nei tempi addietro. Gli è già molto se abbiamo potuto abituarci a denominare Questura ciò che nel secolo scorso si chiamava Polizia...

— Lasciamo andare queste inezie — rispose il Torresani con un suo sorrisetto che aspirava ad essere ingenuo. — Bigino!... Io so bene che malgrado le tue irregolarità nell’esercizio della tua professione, tu sei un buon figliuolo, un buon cittadino, ed all’Università passavi anche per uno spirito pronto e illuminato... Tu conosci le leggi dello Stato e ne comprendi lo spirito e le intenzioni. Tu sai che in un Governo ben ordinato, libero, popolare, dove tutti hanno uguali diritti e uguali doveri, ciascun cittadino che non renda testimonianza del vero contro i malfattori... che non cooperi...

— Non serve studiare le frasi — interruppe il Bigino col suo fare più bislacco. — In un governo ben ordinato, libero, popolare... tutti siamo in dovere di fare la spia...!

— Tu profferisci una parola che in verità... suona alquanto sinistra ed antipatica alle masse... ma pure... ne convengo...

— Via! parliamo giù alla meneghina! Rendere testimonianza e fare la spia... sono due frasi che si equivalgono perfettamente... Ma via! Non sgomentatevi, signor Questore. Io amo alquanto bisticciare sulla elasticità del linguaggio umano e sulle consuetudini dei tempi. Dopo aver compiuto il corso completo nelle Università