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da quel fiero e zelante impiegato ch’io vi conosco, voi sareste capace di farmi arrestare al primo tumulto di popolo. I tempi sono difficili — intendiamoci bene — difficili per noi, alti dignitari dello Stato, rappresentanti della legge, e moderatori dell’ordine pubblico!...

— Senza far torto alle sapientissime e ossequiatissime istituzioni della serenissima Confederazione Europea, mi sia permesso di soggiungere che, in ogni tempo, sotto qualsivoglia Governo, gl’impiegati pubblici furono retribuiti meschinamente... Eppure... come si fa?... Bisogna stare col Governo!... sostenere il Governo!... E guai se avessimo ad allentare le redini... alla canaglia!... Nelle rivoluzioni, i primi martiri siamo noi... Meglio la mezza pensione del Governo, che non il congedo assoluto dei popoli!... Basta!... Lasciamo andare questo lugubre argomento... e tiriamo innanzi alle mercé di Dio... e dei nostri superiori!

Nel proferire quest’ultima parola, la voce del Torresani era divenuta fioca e rantolosa, come quella di un infermo accattone.

— Vero... verissimo... quanto voi asserite — riprese il Gran Proposto — i nemici naturali dei governanti sono i popoli governati. Le leggi, per quanto eque e liberali esse sieno — non cesseranno mai di rappresentare, nel giudizio del popolo, altrettanti vincoli di schiavitù. Noi, che ne siamo gli interpreti e gli esecutori, dobbiamo necessariamente subire l’odio delle moltitudini ignoranti e depravate... I popoli troveranno sempre dei pretesti per cospirare contro il principio di autorità che si incarna nei pubblici funzionari...

— Negli uomini più eminenti della Nazione...

— Dunque... come voi dicevate poco dianzi... noi dobbiamo fare a gara nel sostenerci... nel prestarci mano... nel renderci scambievoli servigi... dobbiam stringere una alleanza compatta...