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trovarmi sulla riva del lago, presso l’antico Arco della Pace.

— Il gran faro cittadino segna le dieci e cinque minuti — rispose il gondoliere dell’aere, volgendo gli occhi ad un immenso globo di luce che sorgeva a poca distanza dalla cattedrale. — Colla mia gondola potrei condurvi fino a Bergamo, e restituirvi alla spiaggia per l’ora indicata.

— Due ore di attesa!... ancora due ore di incertezza... di terribile agonia! — mormorò l’Albani. — No, io non potrei reggere più a lungo a questa lotta.

Poi, volgendosi di nuovo al gondoliere — ritorniamo alla città — disse ad alta voce — alla contrada di Riparazione, numero zero.

Mentre la gondola drizzava rapidamente il rostro verso il faro cittadino, la fronte dell’Albani si andava rasserenando, riflettendo le intime compiacenze di un’anima che crede aver trovato il farmaco a’ suoi dolori.

— Oh! troppo tardi mi è venuta questa ispirazione — pensava egli. — Nelle perplessità, nei pericoli della vita, non mi ha egli pregato di ricorrere a lui? Ed io ho potuto dimenticare le ultime parole del mesto congedo, le promesse che ci siamo ricambiate nel bacio dell’addio? Non fu egli il solo compagno, l’amico mio, nel lungo pellegrinaggio di cinque anni? Quando gli uomini scagliarono sul mio capo l’anatema e la morte, le sue parole furono amore e speranza. Ogni volta che, estenuato dai patimenti, dalla vergogna e dal rimorso, io cadeva a terra, invocando la fine di una insopportabile esistenza, la sua mano mi rialzava dolcemente, ed io sentiva rinascere le forze smarrite, io riprendeva il coraggio al suono di quella voce santa che mi diceva: Prosegui, l’espiazione cancella la colpa!

Mentre l’Albani era assorto in tali pensieri, la gon-